Una nuova linea nel Pan di Zucchero
La prima in questo stile…

Se chiacchierando con qualcuno che di arrampicata conosce ben poco oppure anche se lo dicessimo ad un neofita dell’arrampicata, che abbiamo chiodato una via salendola dal basso, probabilmente lo sguardo sarebbe quello di una persona perplessa e sorpresa, perché sicuramente penserebbe tra se e se: ma che sta dicendo questo qui? Certo che si sale dal basso verso l’alto. In che altro modo si scala una parete?

Beh, in verità come dargli torto, detta così la cosa sembra alquanto banale.

Ma la realtà come spesso accade e ben diversa da come appare, sabato scorso (30 giugno 2018), insieme a Massimo abbiamo salito, chiodato e liberato una nuova via, tutto questo partendo dal gommone e col trapano a batteria al nostro seguito.
Questa è la quarta via lunga tracciata su questo isolotto, ma la prima salita in questo stile.

L’inizio della salita subito dopo lo sbarco dal gommone

Per i meno esperti, chiodare una via lunga dal basso vuol dire tante cose e racchiude in se tanti significati, aldilà del fatto che questa possa essere una via dura o facile.
In primis, si parte senza sapere cosa ci aspetta, l’esperienza può aiutarci a capire se la linea possa essere essere più o meno facile, ma comunque si procede senza averne la certezza.
La salita si svolge secondo una linea logica di progressione e questo vuol dire che le protezioni vengono posizionate solo quando è possibile fermarsi per fare il buco col trapano e mettere lo spit. Quindi le distanze tra le protezioni scaturiscono da considerazioni diverse rispetto a quando si chioda calandosi dall’alto. Questo è un dettaglio molto importante per chi deciderà di ripetere le vie di questo tipo.
Un altro aspetto rilevante è che durante la progressione in questo stile si deve fare attenzione alla solidità della roccia, e non solo per evitare di far precipitare i sassi verso il compagno che sta sotto, ma anche per evitare di volare con il trapano in mano e tutto il peso dell’attrezzatura… anche se spesso accade!

Salire in questo stile è forse il modo più vicino a quell’etica della scalata considerata “purista”, ma qui andiamo per sentieri minati e il discorso è molto complesso e lungo e questo non è il giusto contesto dove approfondire il discorso.
Ho voluto specificare e descrivere meglio le particolarità di questa nuova via, perché oltre agli apritori che hanno affrontato e accettato le difficoltà e i pericoli di questo modo di approcciare alla scalata, anche i ripetitori dovranno prendersi la loro parte avventurosa ed emozionale nel ripercorrere l’itinerario, rivivendo i momenti di chi prima di loro si è cimentato in quei gesti.

In fondo il bello di ripetere le vie lunghe chiodate dal basso sta proprio nell’accettare le sfide, le paure e la logica delle scelte prese di chi le ha aperte.

Il fascino di questo isolotto è difficile da descrive, è fatto di tanti aspetti ed è quasi un sentimento incontrollabile che ti porta a subirne l’attrazione senza poter resistere, sia che lo si veda per la prima volta e sia per chi lo rivede per l’ennesima.
Tutto di questo fazzoletto di terra è in grado di attrarre l’attenzione. Come ad esempio il nome “Pan di Zucchero”, giusto per dirne uno, prende e trae le origini da una qualche somiglianza col Pão de Açúcar, il colle roccioso che caratterizza il panorama di Rio de Janeiro, in Brasile, ma il nome originario in sardo è Concali su Terràinu.

Su queste pareti non mancavano di certo le vie da salire, infatti sono presenti quattro itinerari in stile multipitch, tre dei quali interamente attrezzati a fittoni resinati con soste a tre punti e materiale inox 316L, tutte sul lato a sud, mentre una quarta in stile trad tutta da proteggere (forse qualche chiodo e qualche cordino ormai marcio e inutilizzabile in loco) si trova sul lato nord. Inoltre sparsi qua e là si possono trovare diversi monotiri, alcuni dei quali risalenti agli anni ’90 (chiodati da Manolo in occasione di un servizio fotografico per la rivista No Limit), molti di questi oggi impraticabili e bisognosi di una radicale richiodatura.

Fatte tutte queste premesse è evidente che l’avventura è a portata di mano, basta solo mettersi in gioco. Insieme a Massimo abbiamo fatto prima una perlustrazione dal gommone cercando di individuare una linea non difficile, punto determinante nella scelta. La volta successiva è stata la giornata che l’ha vista nascere e prendere forma, dal blu del mare fino all’azzurro del cielo.
Realizzare una linea “facile” vuol dire offrire la possibilità a tante persone di poterla ripetere e in fondo, ogni chiodatore, spera in cuor suo di poterci veder salire tante persone. Lì proprio in quella stessa linea che prima di averla realizzata era poco più che un sogno, intriso di incertezze e paure, ma capace di dispensare grande soddisfazione una volta in cima ad essa.

Conclusioni e dettagli.
Realizzare queste vie non è cosa facile, serve organizzazione, servono persone disposte a sacrificare il loro tempo libero e servono risorse…
il materiale costa tanto.

Poter raccontare quei momenti, documentandoli con belle foto, è possibile se qualcuno decide si dedicarsi a realizzare gli scatti rinunciando ai bagni dal gommone e alla tintarella, quindi grazie a Barbara Valuto per le tantissime fotografie e i video resi disponibili al racconto.

Doveroso e non scontato il ringraziamento per l’aiuto e il supporto da parte di Andrea Portas che ha gestito il gommone durante tutte le fasi della chiodatura.

Come ancora doveroso e non scontato il ringraziamento per l’aiuto alla logistica a Sandrino Mocci.

Sono tante le attività turistiche che nel presentare le loro strutture ricettive parlano delle tante possibilità che offre il territorio nelle vicinanze, ma (aimè) sono poche quelle che offrono il loro supporto investendo e contribuendo alla realizzazio

ne di queste infrastrutture, importanti per i turisti che giungono in Sardegna, mossi dalla voglia di cimentarsi in questi luoghi. Fortunatamente c’è sempre qualcuno che invece ci aiuta e crede nella nostra passione contribuendo “in solido” all’acquisto del materiale, come ha fatto in questa occasione (una delle tante) Marco Frongia attento gestore del Bar Old Tropicoasi di Domusnovas, ormai da diversi anni punto di riferimento per tanti appassionati dell’outdoor.

Infine per ultimo ma non certo per ordine d’importanza, c’è il caro amico Massimo che da tanti anni mi asseconda anche quando stanco da una dura settimana di lavorativa mi segue in queste salite faticose.

Ah, poi ci sono io… ma questa è un’altra storia, una storia che dovrà raccontare qualcun altro.

Link ai partners che hanno reso possibile la realizzazione di questa nuova multipitch a disposizione di tutti:

AT Sardinia
Snack Bar Old Tropicoasi
Zamberlan
Chillaz
Skylotec

 

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