Un’isola nell’isola

C’è uno scoglio in Sardegna che trae le origini del proprio nome da una qualche somiglianza col Pão de Açúcar, il colle roccioso che caratterizza il panorama di Rio de Janeiro, in Brasile. È il Pan di Zucchero sulla costa sud occidentale nelle vicinanze di Masua, frazione di Iglesias. Il nome originario in sardo è Concali su Terràinu, un faraglione che si erge dal mare a poca distanza dalla costa, fino a raggiungere i 133 metri d’altezza.

Il panorama sul Pan di Zucchero

In appena 0,03 km quadrati, questo gigantesco faraglione offre un enorme parco giochi naturale per gli amanti degli sport outdoor, da qualsiasi parte lo si voglia affrontare sia via mare, che via terra o in arrampicata. Alle escursioni via mare in gommone o in canoa, si aggiungono il trekking che dal mare porta al pianoro sommitale, attraverso il ripristino del vecchio “Sentiero dei minatori”, dove è stata installata la via ferrata che protegge la salita e ne consente il raggiungimento in tutta sicurezza. Durante lo stesso intervento di messa in sicurezza, sono stati realizzati due nuovi itinerari di arrampicata sportiva, che dal mare portano in cima, attraverso le verticali e splendide placche di roccia bianca che contrastano con l’intenso blu del mare sottostante.
Su questo faraglione sono presenti quattro itinerari in stile multipitch, tre dei quali interamente spittati con soste a tre punti e materiale inox 316L, tutte sul lato a sud, mentre una quarta in stile trad tutta da proteggere (forse qualche chiodo e qualche cordino ormai marcio e inutilizzabile) si trova sul lato nord. Inoltre sparsi qua e là si possono trovare diversi monotiri, alcuni dei quali risalenti agli anni ’90 (chiodati da Manolo in occasione di un servizio fotografico per la rivista No Limit), molti di questi oggi impraticabili e bisognosi di una radicale richiodatura. È notizia di queste ultime settimane di una cordata di giovani climber triestini, della chiodatura di un monotiro a sinistra della grotta a sud, liberato dagli stessi e gradato 8a/8a+.
Fatte queste premesse è evidente che l’avventura è a portata di mano, basta solo mettersi in gioco e la volontà di vivere un’esperienza intensa a contatto con la natura.

Domenica scorsa ho avuto l’opportunità di vivere due “avventure” particolari e parallele, che si sono svolte nella stessa giornata e che hanno avuto come sfondo la stessa cornice, il Pan di Zucchero.
Attori principali di questa particolare avventura sono Gabriele Bernazzali, Simone Usai e Sandro Mocci, con loro comparse immancabili Massimo Gessa e ovviamente io.
Come spesso accade nasce un po’ tutto per caso, Gabriele mi chiama e mi dice: […] senti ma quell’invito di salire una via del Pan di Zucchero, è ancora valido, perché io verrei giù in Sardegna la settimana prossima.
Preso in contropiede e anche piuttosto sorpreso, comunque gli rispondo di si.
Sembra tutto molto banale, ma la realtà è ben diversa visti i sui 76 anni suonati e a breve 77, oltre ai soliti problemi di salute legati all’età e a un piccolo intervento di “manutenzione all’impianto di pompaggio” …
Insomma un compagno di cordata non molto ordinario.

Gabriele Bernazzali

Situazione decisamente diversa per Simone e Sandro, a cui propongo di affrontare questa salita fidandosi esclusivamente della mia capacità di giudicarli in grado di uscirne vincenti. Simone scala da poco tempo ed è alla seconda via lunga, Sandro (mio fratello maggiore) scala da Agosto ed è alla sua prima esperienza su una via multipitch. 

Due storie diverse con contesti diversi, ma che si preannunciano come esperienze a forte impatto emotivo. Prima di definire i dettagli mi consulto con il mio amico e compare di scorribande Massimo, mettiamo a punto il programma e i tempi. Bisogna arrivare in gommone dal porticciolo di Buggerru e lui è fondamentale vista la sua esperienza in mare.
Decido per una doppia salita, una prima ascesa con Gabriele, poi risalire in tre con Sandro e Simone e in entrambe le situazioni riscendere dalla ferrata, evitando la discesa in doppia per snellire così i tempi di percorrenza e per rendere l’esperienza più completa e avventurosa.

Simone e Sandro in azione e concentrati

 

La prima salita con Gabriele è una di quelle che rimarranno tra i ricordi per sempre, vedere l’entusiasmo nei suoi occhi e il sorriso letteralmente stampato in viso, non sono facili da dimenticare e descrive. Arrivati alla prima sosta, circa 30 mt dal mare, Gabriele mi confida che nonostante le tante vie lunghe salite, questa è la prima col mare sotto e il panorama bicromato blu, elementi che gli mettono un po’ di soggezione. Sensazioni che hanno breve durata, infatti sono niente che un po’ di entusiasmo e adrenalina non possano cancellare e così saliamo tra quelle placche bianche e lavorate, che Gabriele non smette di elogiarne bellezza e particolarità.

Sandro e Simone essendo meno esperti sentono maggiormente l’ansia della salita e stando sotto a quelle bianche scogliere sembra di essere veramente tanto piccoli. La partenza dal gommone è sempre emozionante sembra quasi di fare un salto nel vuoto e nella paura di cadere ci si aggrappa con forza e forse eccessiva esuberanza. Nei loro occhi si leggeva l’ansia di dover affrontare qualcosa di sconosciuto e imprevedibile, ma la curiosità di cimentarsi era più forte, così tra battutacce da scaricatori di porto e citazioni da lord inglesi di periferia, si sale lenti ma senza incertezze o paure incontrollabili.

Momenti della salita

L’ascesa in cordata con Gabriele è tranquilla e rilassata, avevamo deciso che avrei fatto tutti i tiri da capocorda visto il “quadro clinico del nonno”, invece fermi in sosta alla base dell’ultimo tiro, l’arrampicatore arrogante e caparbio che è in Gabriele esce di prepotenza e mi chiede di poter andare avanti.
Certo è un rischio e se dovesse volare sulla corda gli esiti potrebbero essere diversi rispetto ad un fisico più giovane e inoltre la Franca (moglie di Gabriele) mi farebbe il sedere a strisce, oltre che a farmi sbranare dal loro cane Orrù, un temibilissimo bastardino di piccola taglia in pensione.
Ma questi miei dubbi ho fatto ben attenzione a farli rimanere solo dei pensieri, non mi hanno distolto dalla situazione generale e il rischio valeva tutta la felicità che gli si leggeva in volto. Nascondendo ogni preoccupazione ho assecondato la richiesta, ma ho seguito con molta concentrazione ogni movimento, passo e respiro di quegli ultimi 25 metri.
Durante tutta la salita Gabriele non ha emesso un suono, non ha commesso un errore, solo all’arrivo in sosta si è voltato e ha detto: Giampy è finita, peccato finisce qui, bellissima … ah un vero peccato!

Giunti a metà via Sandro e Simone, forse distratti dal panorama, dal blu intenso del mare visto dall’alto, dalle manovre che costantemente gli rinfresco, dall’attenzione che devono porre sulla corda, iniziano a godersi la salita e ciò che stavano vivendo e realizzando.
Salendo in tre i secondi di cordata procedono a breve distanza l’uno dall’altro e quindi spetta a Simone, più giovane e fisicamente più in forma a stare davanti, Sandro un po’ più lento lo segue a pochi metri di distanza.
Tutto fila liscio, talmente tranquillo che tra i due le battute da lord inglesi di periferia fioccano…

Gabriele stando in piedi sul pianoro di Pan di Zucchero, per qualche minuto ha osservato con trasporto ogni angolo o spazio che è riuscito ad scorgere.
Mentre si guardava attorno si è accorto che lo osservavo e che avevo capito cosa stesse facendo e ancor prima che potessi cambiare espressione mi ha detto: si … oggi è stata una delle esperienze più belle della mia vita da arrampicatore.
Poi si è avvicinato e ci siamo stretti la mano, una di quelle strette che valgono più di tante parole.

L’arrivo in cima di Sandro e Simone è stato una liberazione e una conquista, hanno entrambi smesso di fare i lord inglesi di periferia ed hanno realizzato ciò che avevano appena compiuto.
Lo si capiva dall’attenzione con cui si guardavano attorno e dalla quantità di aggettivi che riuscivano ad inserire in ogni frase rivolta al panorama, al colore del mare, alla scalata o qualsiasi altro elemento che catturasse la loro attenzione.

Self timer

Il Pan di Zucchero emoziona chiunque lo veda per la prima o per l’ennesima volta, ma per Gabriele, Simone e Sandro questa giornata rimarrà per molto tempo nel ricordo, perché queste esperienze lasciano un segno indelebile, quasi una cicatrice di cui andar fieri.

Doveroso e non scontato il ringraziamento per il supporto da parte degli sponsors che sostengono le mie iniziative (link agli spazi web aziendali):
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